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Rassegna ."AltroCanto"
Proiezione  EFFEDIÀ – SULLA MIA CATTIVA STRADA

di    Teresa Marchesi
Italia - 2008 - 85'


Info: documentaria (chiocciola) fusolab.net

E’ ancora possibile, oggi, progettare un documentario su Fabrizio De Andrè che faccia breccia nella proverbiale reticenza di cui si circondava il Bob Dylan italiano? Teresa Marchesi,
 giornalista televisiva, è riuscita senza enfasi in questo lavoro
attingendo, in accordo con la famiglia, all’archivio privato del
cantautore. Ne viene fuori un ritratto di profondità inedita in cui a parlare è soprattutto De Andrè che racconta la propria esperienza di artista e la sua biografia con una apertura sconosciuta, tra
 registrazioni ancora mai viste di brani dal vivo, apparizioni tv,  De Andrè da giovane che rifà Brassens..

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26/04/09: Fa’ la cosa giusta (S.Lee, 1989)

E' la giornata più calda dell'anno e allo stesso tempo la più esplosiva nella vita di Bedford-Stuyvesant, Brooklyn. L’azione ha il suo epicentro in una pizzeria e il suo riferimento in una stazione radiofonica; fra violenza e delirio, si consuma uno dei film migliori del regista, che dipinge un potente spaccato delle tensioni razziali urbane che percorrono la società americana dell’epoca.  Alla base del film ci sono alcuni fatti realmente accaduti: una rivolta ad Harlem avvenuta negli anni ‘40, l'uccisione da parte di otto poliziotti bianchi di un uomo di colore e soprattutto il pestaggio da parte di alcuni giovani italoamericani ai danni di tre afroamericani, davanti a una pizzeria. Uno di loro venne inseguito fino all'autostrada, dove morì investito da un'auto. La reazione della comunità afroamericana fu durissima.

« Gente mia, gente mia. Cosa posso dirvi? Cosa posso dirvi? Ho visto, ma non ho creduto. Non ho creduto a quello che ho visto. Riusciremo mai a vivere insieme? Insieme riusciremo mai a vivere? » (Mister Señor Love Daddy, dopo la rivolta)




 

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10/05/09: Caramel (N.Abari, 2007)

A Beirut, alcune donne lavorano in un istituto di bellezza. Nel salone, tra colpi di spazzola e cerette al caramello, si parla di sesso e maternità, con la libertà e l'intimità propria delle donne.
Nadine Labaki, insieme protagonista e regista del film, ci propone un affresco a tinte delicate che tratta però temi di scottante attualità: la guerra, l’identità multiculturale della società libanese, la convivenza di cristiani e musulmani. Labaki poggia lo sguardo sulle dolci malinconie quotidiane, riuscendo a raccontare ben sei storie in una sola, senza che nessuna prenda il sopravvento. Narra attraverso gli occhi, i suoni, gli odori, e punta lo sguardo sulle relazioni umane e sulla solidarietà reciproca.




 

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03/05/09: Fucking Amal (L.Moodvsson, 1998)

F u cking Amal racconta la storia di due ragazze che abitano la provincia svedese e scoprono di amarsi. Moodysson riesce magistralmente a filmare tutta la purezza e l'innocenza di un rapporto di coppia "non convenzionale" tra due personaggi sofferti e sofferenti, in lotta contro i confini di una sessualità "imposta", che trova la propria roccaforte nella "merdosissima Amal", fredda prigione nell'inferno della morale borghese dominante. Il film, da un lato, abbraccia l'emozione dell'urlo interiore perso fra crudeltà incosciente, rabbia implosa, voglia di emergere e amore estasiante; dall'altro allontana i dettagli nei genitori persi nell'incomunicabilità e nei giovani che perpetuano il conformismo e l'emarginazione dei diversi. La tensione accumulata nello svolgersi degli avvenimenti cresce a dismisura per poi esplodere in una sequenza bellissima che trascina con sé il dolce sapore della rivolta.




 

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19/04/09: Indovina chi viene a cena (S.Kramer, 1967)

Una coppia di anziani e agiati americani progressisti vede improvvisamente vacillare le proprie certezze di fronte all'effervescente figliola, che si presenta a casa con un nuovo fidanzato, un brillante medico trentacinquenne. Nulla da eccepire sulla persona, ma l'uomo è un afroamericano; così tra il razzismo latente nell’animo, anche dei più sensibili, e lo sforzo di riconoscere le ragioni del cuore, prende piede un classico del cinema democratico antirazzista degli anni sessanta. Tradizionale commedia americana, pungente nel dialogo e sorvegliata nella scansione dei colpi di scena. Il film subì aspre critiche in Europa, dove lo si accusò di rimuovere il problema del razzismo attraverso la figura di un nero affermato professionista, bello e simpatico ed un edulcorato e consolatorio ottimismo.


 

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Rassegna:Produzioni low budget; quando bastano le idee
Proiezione:
“ L'ora d'amore “
Regia : Andrea Appetito, Christian Carmosino   - Italia (2008) - 52'

Sarà presente alla proiezione il regista Christian Carmosino


Info: documentaria (chiocciola) fusolab.net

“...tre vividi racconti di detenuti comuni dalla vita così simile a quella di chi vive fuori, altrettanto imprigionati dalle convenzioni e dai problemi. Emerge tanto isolamento e bisogno d'affetto in quei ritratti tanto vicini alla fiction, figure vivaci e affettuose nell'accettazione di un tempo che si è fermato ed è scandito dalla burocrazia del carcere”
Silvana Silvestri, Il Manifesto

 

Papà... è in viaggio d'affari  (Kusturica, 1985, 128’, JUGOSLAVIA)

Sarajevo 1949, dopo la scomunica del Cominform e il distacco da Mosca della repubblica titina: lo stalinismo degli antistalinisti dilaga, e ne fa le spese anche Mesa (M. Manojlovíc), brav'uomo e indefesso puttaniere, rinchiuso senza processo in un campo di lavoro da dove esce nel 1952. In una certa misura la storia è raccontata attraverso gli occhi innocenti di Malik (M. de Bertolli), piccolo sonnambulo e figlio di Mesa. È lui il nucleo poetico di una commedia agrodolce, tenera e crudele, scritta da Abdulah Sidran, bosniaco musulmano come il giovane regista (1954) cui aveva già fornito il libretto di Ti ricordi di Dolly Bell?? (1981). Tira una fresca brezza di neorealismo italiano in questo film che propone una ricca galleria di personaggi simpatici o odiosi e, insieme con la sua grazia umoristica, alcuni momenti di forte suggestione emotiva. Palma d'oro a Cannes


 

20090402_documentaria_thumb.jpgRassegna : Produzioni low budget , quando bastano le idee.

Giovedì 2 aprile h. 21.30
Proiezione : "Via Selmi 72 - Cinemastation "
di Anthony Ettorre,Giuseppe Cacace,Mauro Diciocia
Italia - 2008 - 53'

Alla proiezione saranno presenti i registi del documentario 

Cinemastation non era una videoteca come le altre.
Unica alternativa alla vita di strada, era diventata con gli anni, il luogo dove i ragazzi di Ponte Mammolo, quartiere della periferia nord-est di Roma, passavano la maggior parte del loro tempo. Era un luogo che meritava di essere vissuto, un centro di aggregazione spontaneo in cui tutte le differenze sociali, politiche e culturali, si annullavano.
Angelo, il proprietario burbero ma buono, era riuscito a stimolare l'interesse per il cinema e per molto altro… Nel 2006 Cinemastation ha chiuso. A distanza di 2 anni Angelo è tornato in Via Selmi...

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Proiezione del film “BENVENUTO MR. PRESIDENT”
di Pjer Žalica (2003, 105’, Bosnia-Erzegovina/Turchia)

1998, Tesanj è una piccola città della Bosnia devastata dall'intolleranza etnica, dagli atti criminali e dalla corruzione. All'improvviso, la notizia di un'imminente visita del presidente americano Bill Clinton lancia la piccola comunità nel tentativo maldestro di simulare una democrazia fittizia in cui regni la pace e l'armonia tra gli abitanti del luogo.

 

 

 

20090322_cabaret_thumb.jpg22-03-09: La polveriera (G. Paskaljevic, 1998, 102’, Francia/Grecia/Turchia/Macedonia)

"Il fumo uccide", dice un tassista belgradese a un concittadino appena tornato dall'estero, e continua: "Se mi trovassi a New York non fumerei, ma tanto qui tutto uccide" Inizia così La polveriera, una delle poche pellicole che si siano occupate della situazione della Serbia alla fine degli anni 90. Brevi storie, più o meno violente e concatenate fra loro, tutte di scena a Belgrado, in una sola metaforica notte che non accenna a terminare. Secchi, taglienti, esplosivi sono gli incroci furenti de La polveriera, che celebra con sarcasmo il vuoto pneumatico di una Belgrado satura di profughi, prosciugata dal regime di Milosevic, dall'embargo, dalle tensioni etniche e politiche, dalla Bosnia, dal Kosovo e dagli effetti della guerra e dei suoi profittatori. Paskaljevic mette in scena le eccentriche traiettorie di personaggi sfuggiti ad ogni controllo: volti ghignanti, ringhiosi o tristi che brindano alla violenza crudele dell'instabilità a colpi di humour nero. Difficile negare a Paskaljevic (e a Dejean Bukovski) il dono della profezia. L’esplosione finale (quando un fiammifero cade sulla benzina versata dai ladri) che conclude il film sul fermo immagine dell’ultimo colpevole-divenuto-vittima anticipa in modo raggelante gli orrori del Kossovo e le bombe che di lì a breve sarebbero piovute su Belgrado.