Il problema fondamentale dell'industria dei contenuti, spiega Fung in un aggressivo commento pubblicato sulle pagine di TorrentFreak, è che ai suoi membri sembra sfuggire la natura del funzionamento dell'economia digitale. Condividere su Internet significa accidentalmente copiare, spiega Fung, e copiare opere in formati digitali ha un costo pari a zero, il che rende la violazione del copyright incredibilmente facile. Così facile e inaspettata che anche una madre che voglia condividere con il mondo i buffi progressi del pargolo che si dimena sulle note di Prince rischia di incorrere nelle azioni legali della sua casa discografica.
L'industria, avverte inoltre Fung, non sembra comprendere che la condivisione dei contenuti alimenta la creatività
e il common di cultura attraverso ibridazioni e remix di materiale
attinto dalle fonti più diverse. Si tratta di zibaldoni che non
sviliscono il valore dell'opera scaturita dalla fantasia del detentore
dei diritti, ma che, anzi, contribuiscono a perpetuarlo attribuendogli
nuove sfaccettature. "Remixare e condividere sono cose positive per la
cultura - sintetizza Fung le teorie di Lessig - denunciare i consumatori e coloro che usano la tecnologia che abilita la condivisione è distruttivo per tutti".
Fung
suggerisce all'industria che la rete è il più grande replicatore di
informazione mai esistito, che il digitale ha saputo abbattere l'economia della scarsità: è tempo che i produttori di contenuti smettano di giustificare il proprio comportamento con numeri e concetti anacronistici e imparino a muoversi e a mettere a frutto un contesto radicalmente diverso da quello in cui hanno iniziato a costruire il proprio business.
Ciò
non significa, sottolinea il fondatore di isoHunt, che agli autori non
vada riconosciuto il merito e il giusto compenso per il proprio lavoro:
significa però che "il copyright debba essere riformato e per adeguarsi
all'era di Internet". "Quando la maggior parte della società non ha una
convinzione etica di aver fatto del male violando la legge sul
copyright - denuncia Fung - non è la società a sbagliare, ma la legge".
Gaia Bottà