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Quando Manuel De Carli mi ha contattato per scrivere la presentazione di questa
esposizione, ho accettato subito e molto volentieri.
Conosco Manuel da anni
ed apprezzo il suo lavoro ma, soprattutto, ammiro il suo essere uomo libero,
curioso viaggiatore per le strade delle emozioni e instancabile costruttore di
mondi creativi.
Ci siamo perciò lasciati con un appuntamento ed un titolo,
scelti da lui.
Le Immagini Mute, appunto.
Bene, per una settimana
sono rimasto a guardare il cursore lampeggiare a fianco di questo titolo, non
riuscendo a scrivere nemmeno una Q.
E sì, perché per il mio modo di
intendere, le immagini di Manuel raccontano di passaggi segreti nel mondo dei
sentimenti, con la semplicità con la quale da ragazzini spiegavamo, all’amico
del cuore, l’ubicazione del nostro nascondiglio sull’albero, e forse, proprio
per questo, parlano chiaro.
Poi io trovo, nelle sue illustrazioni, una forte
musicalità nel ritmo sequenziale, una forma descrittiva esplicita ed una
manifesta propensione alla bellezza del dettaglio.
Insomma, “Le Immagini
Mute” un cazzo, perché tutto, nei lavori di Manuel De Carli, mi parla
direttamente al cuore.
Forse questo titolo può andar bene per chi non lo
conosce, e vede le sue illustrazioni senza sapere che hanno origine nei panorami
naturali della sua bellissima terra natale, dove il lessico è formato dalla
forza della montagna, dalla nitidezza di quel cielo immenso, dal grandioso
tratteggio degli alberi che la
circonda, dal magico riflesso della Valle dei
Laghi.
O forse, ancora, è un desiderio recondito di Manuel, (e lo confesso,
anche il mio) che vorrebbe esprimersi solo attraverso l’uso delle immagini,
rompendo la classica gabbia del fumetto tradizionale, uscendo dai soliti schemi
del racconto che inizia con il titolo e termina con la parola fine (che infatti
Manuel non mette mai).
Ma questo, oggi, non mi è concesso di
sapere.
Però, se un giorno avrete mai la fortuna di assistere, come è
capitato a me, al miracolo della creazione che nasce quando Manuel disegna dal
vero, capirete, senza il bisogno di parole.
Oppure no, ma questo dipende da
voi.
In fondo, la bellezza è negli occhi di chi guarda.
(Testo di
Roberto Arcuri http://jazzfromitaly.splinder.com/)
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