Spettacolo teatrale “Klara”, compagnia
Quarta Parete (lavori in corso).
Regia di Federica Fiorillo, con Marco De Bellis, Carmela Colaninno, Valeria Milana, Valerio Russo, Maria Teresa Arrotta
Liberamente tratto da un racconto di Turgenev, Klara è la storia realmente accaduta di un attrice che sceglie la scena come luogo del suicidio. Klara è la riflessione contemporanea sul rapporto tra realtà, finzione e spettacolarizzazione.
Klara è la storia di un attrice che vive la Russia di fine ottocento, la sua vita diventa Storia perché decide di suicidarsi sulla scena, a causa di un amore infelice.
Aratov, l’uomo che la ripudia in vita, è lo stesso che se ne innamora dopo la sua morte, un delirio di pura schizofrenia che culmina con il suicidio.
Kupfer è un menscevico arrivista avido e beffardo, finge di essere ciò che non è; la sua natura è fatta di ignavia e ignoranza.
Anna macchia ogni istante le sue parole di gelosia, mentre nasconde le mani sotto il velo per pregare segretamente e farsi perdonare da un Dio che non esiste più.
La sua voce è la malinconia di una memoria che non riesce a salvare il ricordo della defunta, piuttosto lo infanga.
Platosa, la vecchia di zia di Aratov, è l’ottusità della fede indotta dal sistema del potere. Il suo peccato è così originario che l’ha resa cieca; la sua anima è un’ombra grigia, ignorata dal mondo, nessuno sa che esiste.
In quest’opera la distanza tra la vita e la morte è la stessa che intercorre tra la realtà e l’illusione. Klara è nè più e nè meno che una metafora sul teatro.
La storia, realmente accaduta, di “un’attricetta russa” di fine Ottocento, riflette la reale condizione storica del nostro tempo, dove realtà, finzione e spettacolarizzazione non divergono più.
Regia di Federica Fiorillo, con Marco De Bellis, Carmela Colaninno, Valeria Milana, Valerio Russo, Maria Teresa Arrotta
Liberamente tratto da un racconto di Turgenev, Klara è la storia realmente accaduta di un attrice che sceglie la scena come luogo del suicidio. Klara è la riflessione contemporanea sul rapporto tra realtà, finzione e spettacolarizzazione.
Klara è la storia di un attrice che vive la Russia di fine ottocento, la sua vita diventa Storia perché decide di suicidarsi sulla scena, a causa di un amore infelice.
Aratov, l’uomo che la ripudia in vita, è lo stesso che se ne innamora dopo la sua morte, un delirio di pura schizofrenia che culmina con il suicidio.
Kupfer è un menscevico arrivista avido e beffardo, finge di essere ciò che non è; la sua natura è fatta di ignavia e ignoranza.
Anna macchia ogni istante le sue parole di gelosia, mentre nasconde le mani sotto il velo per pregare segretamente e farsi perdonare da un Dio che non esiste più.
La sua voce è la malinconia di una memoria che non riesce a salvare il ricordo della defunta, piuttosto lo infanga.
Platosa, la vecchia di zia di Aratov, è l’ottusità della fede indotta dal sistema del potere. Il suo peccato è così originario che l’ha resa cieca; la sua anima è un’ombra grigia, ignorata dal mondo, nessuno sa che esiste.
In quest’opera la distanza tra la vita e la morte è la stessa che intercorre tra la realtà e l’illusione. Klara è nè più e nè meno che una metafora sul teatro.
La storia, realmente accaduta, di “un’attricetta russa” di fine Ottocento, riflette la reale condizione storica del nostro tempo, dove realtà, finzione e spettacolarizzazione non divergono più.