Sabato 2 Marzo 2024 h. 17:00
Fusolab, Viale della Bella Villa 94
Quartiere Alessandrino, Roma
I ritratti presentati nella mostra sono stati realizzati da Antonio Molinari negli ultimi anni della sua vita, a Canale Monterano, comune di poco più di 4.000 abitanti situato a nord della Capitale. Dopo la morte nel 2018 della sua compagna Delia Landi, Antonio viveva a Canale e si è dedicato a ritrarre, come amava dire, i miei amici. Antonio ci ha lasciato il 16 febbraio 2022
I disegni mostrano i volti dei suoi amici per come sono oggi, segnati dal tempo nei diversi modi che li contraddistinguono, non i volti giovanili di quando li aveva incontrati tanti anni fa. La mattina presto si metteva al lavoro. Sono oltre 140 ritratti degli amici di Tricarico, suo paese natale, dell’Alessandrino, della Magliana, di Canale Monterano, di Trastevere, della Facoltà di Architettura di Valle Giulia e di Lotta continua. Sono presenti anche alcuni quadri dipinti da Antonio e foto di alcune opere progettate e realizzate insieme a Delia, a Roma e a Tricarico. Si può anche riscontrare una particolarità che ci può interrogare, sono rari i ritratti di donne.
La presentazione di questi lavori offre un ideale “excursus vitae” in cui sono rappresentate le varie tappe da lui vissute, dalle radici meridionali alla immersione nei borghetti proletari romani, dalla militanza politica con l’impegno particolare alla Magliana alle successive attività professionali come architetto, insieme a Delia, prima in Algeria e poi a Roma e Tricarico
Le radici meridionali di Antonio hanno segnato la sua vita, l’esempio ricevuto negli anni giovanili della generosità dei suoi genitori nell’ospitare chi “povero in canna” si trovava a passare per la stazione ferroviaria di Grassano, dove il papà lavorava e dove vivevano. Nella maturità la cura degli altri, in particolare degli ultimi, “i miei poveri”, trovati tra gli abitanti dei borghetti romani, dalla Torraccia, al borghetto Prenestino, all’Acquedotto Felice. Tracce indelebili rimangono le figure incontrate e poi ritrovate negli anni di Carlo Levi, Rocco Scotellaro, Enzo Del Re.
Negli anni ’60 la sua famiglia per fare studiare i due figli, Antonio e Michele, si trasferisce a Roma alla borgata Alessandrina abitata in gran parte da famiglie proletarie, artigiani, edili, impiegati nella pubblica amministrazione e nei servizi. L’oratorio della chiesa parrocchiale era uno dei pochi, se non l’unico, luogo di incontro e di svago dei ragazzi, parte dei quali seguiva il percorso scolastico fino alla scuola dell’obbligo per poi cercare qualche lavoro. L’obiettivo di una parte delle famiglie era di far prendere un diploma di ragioneria o geometra ai propri figli che consentisse la più rapida occupazione che permettesse di incrementare il reddito familiare. L’università era quasi un miraggio, ad eccezione dei 13 (!) ragazzi che in quel periodo entrarono in seminario per farsi prete ma che poi hanno deluso le aspettative di tutti in quanto nessuno di loro riuscì a indossare l’abito talare.
Antonio viene iscritto al liceo e segue gli studi con una certa difficoltà in conseguenza del trasferimento da una realtà completamente diversa, consegue la maturità e si iscrive ad Architettura dove invece studia con profitto ed è il primo che si laurea tra i giovani dell’Alessandrino, lo seguiranno a breve altri ragazzi impegnati quasi in una gara di emulazione per una realizzazione personale sfidando le avverse condizioni di partenza. Un esempio valido anche per le attuali generazioni.
Gli anni degli studi universitari coincidono con il clima politico del ’68, del movimento studentesco e della rivolta giovanile. L’adesione al gruppo nascente di Lotta continua ma per Antonio significa immergersi quasi naturalmente con passione e trasporto tra gli emarginati dei borghetti, la politica significa stare insieme a loro, vivere la loro vita, mangiarci insieme, essere riconosciuto e stimato. Da lì il passaggio è rapido, interpretarne le esigenze primarie, il lavoro, il reddito, ma soprattutto una casa per una vita dignitosa delle famiglie e dei propri figli. Ne consegue l’impegno nella lotta per la casa condotto nei primi anni ‘70 insieme a Renato Fattorini che a Roma era già un protagonista riconosciuto. La realizzazione più importante è alla Magliana, un quartiere costruito illegalmente dai maggiori speculatori romani, con l’occupazione nel 1973 di 240 alloggi e l’anno successivo di altri 110. Insieme a Delia e a un gruppo di donne e uomini determinati e preparati, la lotta per il diritto alla casa, superate mille difficoltà, risulta vincente riuscendo a coinvolgere l’intero quartiere.
Conclusa positivamente quella esperienza Antonio e Delia devono affrontare la vita di tutti i giorni, nel frattempo è nata la loro unica figlia Camilla, pensare la lavoro e a concludere l’università in parte tralasciata per dare priorità alla lotta. Conseguono entrambi la laurea e iniziano la professione, per tre anni hanno l’opportunità di lavorare in Algeria, poi tornati in Italia aprono un proprio studio professionale e realizzano varie opere a Roma e a Canale Monterano, dopo il terremoto del 1980 in Irpinia progettano e realizzano ristrutturazioni di importanti edifici a Tricarico.
Gli ultimi anni sono segnati dalla prematura morte di Delia, figura esemplare di donna compagna di lotta e di vita, essenziale per Antonio in quanto proprio per la loro diversità caratteriale si completavano a vicenda, unendo la passionalità dell’uno alla razionalità dell’altra. Le radici familiari di Delia sono quelle di una famiglia impegnata politicamente nel bolognese e nel periodo della Resistenza Emma e Pippo Landi sono stati staffetta e partigiani al nord, nella zona di Belluno. La loro storia merita di essere ricordata.
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