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22-03-09: La polveriera (G. Paskaljevic, 1998, 102’, Francia/Grecia/Turchia/Macedonia)
"Il fumo uccide", dice un tassista belgradese a un concittadino appena tornato
dall'estero, e continua: "Se mi trovassi a New York non fumerei, ma tanto qui
tutto uccide" Inizia così La polveriera, una delle poche pellicole che si siano
occupate della situazione della Serbia alla fine degli anni 90. Brevi storie,
più o meno violente e concatenate fra loro, tutte di scena a Belgrado, in una
sola metaforica notte che non accenna a terminare. Secchi, taglienti, esplosivi
sono gli incroci furenti de La polveriera, che celebra con sarcasmo il vuoto
pneumatico di una Belgrado satura di profughi, prosciugata dal regime di
Milosevic, dall'embargo, dalle tensioni etniche e politiche, dalla Bosnia, dal
Kosovo e dagli effetti della guerra e dei suoi profittatori. Paskaljevic mette
in scena le eccentriche traiettorie di personaggi sfuggiti ad ogni controllo:
volti ghignanti, ringhiosi o tristi che brindano alla violenza crudele
dell'instabilità a colpi di humour nero. Difficile negare a Paskaljevic (e a
Dejean Bukovski) il dono della profezia. L’esplosione finale (quando un
fiammifero cade sulla benzina versata dai ladri) che conclude il film sul fermo
immagine dell’ultimo colpevole-divenuto-vittima anticipa in modo raggelante gli
orrori del Kossovo e le bombe che di lì a breve sarebbero piovute su
Belgrado.
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