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In un appartamento di Parigi un gruppo di giovani borghesi studia
“scolasticamente” il pensiero marxista-leninista nella versione maoista e
Véronique, guida del gruppo, propone l'assassinio di un ministro sovietico in
visita. Alle idee vaghe dei personaggi (una nuova coscienza di classe confusa,
che ricicla vecchi confini) si oppongono immagini di chiara, sublime astrazione,
dove dominano la purezza cromatica dei colori primari (rosso, blu, giallo) e la
luce diffusa: il film (si) riflette (su) se stesso, trovando nella non-forma del
documentario libero (Méliès contro Lumière, oggi come allora) la propria
dimensione ideale. Le sue rapide scene fondono letteratura (Puskin), teatro
(Brecht, Living Theater), cinema (Fellini, Nicholas Ray, il montaggio di
Ejzenštejn, mentre il finale strizza l’occhio a Rossellini),fumetti, graffiti,
backstage. Un “film in fieri” con cui Godard anticipa, riassume e supera il
’68.
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